Vittorie, lacrime e sudore restano attaccate alle pareti di una stanza d'albergo che sembra il bagno di un 747 per un weekend intero. Si parte alla volta di Lisbona. Come tutti gli anni, a fine gennaio, i migliori lottatori europei (e non!) si danno appuntamento per misurarsi sulla materassina del Complexo Municipal do Casal Vistoso.
Giovedì, 27/1
Siamo in quattro. Io, Auri, Edo, Oliva e Luca. Tre di noi sono già sul posto: Josto, Stefano e il Fudo. Mentre Rostok e il piccolo Pier viaggiano da nababbi su un volo di linea, io mi ritrovo in coda come un manzo al macello per entrare in uno di quegli apparecchi che serve le centinaia di linee low cost che ormai affollano i cieli di mezzo mondo. All'arrivo il destino non sembra riservarci niente di diverso dal solito. Io con la truppa all'ennesimo Ibis. Gli altri allo Sheraton.
Siamo a Lisbona che è ormai ora di cena. Finiamo in un sottoscala di un centro commerciale. Il rancio sembra buono: bistecca, uovo fritto e riso. Per poco più di sei euro. In meno di un'ora arrivano tutti. Rostok con Samantha. Pier. Stefano, Josto e il Fudo.
Un brindisi per festeggiare la prima battaglia vinta dal plotone MILANIMAL, la medaglia di bronzo del Fudo, e tutti in branda.
Venerdì, 28/1
Il palazzetto è circondato da un accrocchio di case popolari che si fanno strada tra ciuffi d'erba spelacchiata, terra battuta e cemento. A detta del tassista che ci ha portati lì, per tutti gli altri trecentosessanta giorni, la zona è invasa dagli zingari. Entriamo nel bunker che ospita l'edizione del Campeonato Europeu Open de Jiu-Jitsu. Solite facce da galera sparse qua e là sugli spalti. Italiani, francesi, spagnoli, portoghesi ma anche brasiliani, americani e giapponesi sui tatami a darsi battaglia. Mi metto seduto in un angolo presidiato dagli amici di Roma della Tribe, di Torino delle Officine e di Pavia del Clan Italica. Sembra il cortile di Folsom, la prigione californiana poco lontana da Sacramento, e noi siamo riusciti a scavarci il nostro rifugio.
Mentre faccio qualche foto, in trincea è una Caporetto. Ingoiamo tutti il boccone amaro della sconfitta, serriamo i ranghi e ci prepariamo al peggio. La seconda giornata di fatica volge al termine. Usciamo sfiniti dal palazzetto. Le orecchie mi fischiano e i muscoli mi fanno male come se avessi abbattuto un muro a colpi di martello pneumatico per tutto il giorno. Il taxi mi scarica davanti a un nuovo centro commerciale, Amoreiras. Entro e aspetto il resto della batteria MILANIMAL seduto davanti a uno spiedo di picanha. In un paio d'ore siamo fuori di lì a stomaco pieno. Io mi fiondo in camera a velocità supersonica. Auri, Oliva, Josto e il Fudo fanno le ore piccole seduti al banco del bar dell'Ibis davanti a un chilo abbondante di noccioline salatissime e a una ventina di birre calde e scadenti.
Sabato, 29/1
Sveglia presto e colazione al volo. Un cappuccino alla cannella bollente e un pastel de nata freddo mi danno il buongiorno. In meno di mezz'ora sono di nuovo operativo al palazzetto. E' il giorno dei veterani: Oliva, Auri, Luca, Edo e Rostok. Sono un po' teso. Il contorno è sempre lo stesso. Odore di canfora e puzzo di sudore. Urla da ogni direzione. Sembra sia esplosa una granata su una nave da crociera. Tutti corrono. Sempre le stesse facce. I ragazzi fanno del loro meglio. Auri se ne torna a casa con la medaglia e il braccio entrambi al collo e mentre noi ci godiamo il volo di rientro chiacchierando come zitelle, Edo decide di restare sul campo di battaglia per portarsi a casa, ancora una volta, una medaglia sudata. Missione data, missione compiuta.
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