lunedì 16 novembre 2009

100%

Certe volte, a fine allenamento, mi viene naturale pormi una domanda a cui solo in pochissimi casi riesco a dare la risposta che vorrei, invece, poter dare tutte le volte. Studio le tecniche della settimana, le provo, e infine faccio le mie 3, 4 o 5 lotte. Ed è proprio al termine della sessione di sparring che, ultimamente sempre più spesso, mi viene da chiedermi: ho dato tutto ogni minuto?? Sono davvero esausto o avrei, alle 9.30 di sera, ancora le forze per fare altro??
Domande a cui spesso non posso rispondere in maniera affermativa, recriminandomi di non aver fatto abbastanza per arrivare preparato a dovere al campionato più vicino, dove sconti non se ne fanno e dove, soprattutto, una lotta sembra equivalga, come fatica e intensità, a 3 o 4 di quelle che abitualmente si sostengono in accademia.
E così mi rendo conto che troppe volte in passato, una volta finito l’allenamento, ho mangiato qualcosa velocemente al bar della palestra per poi uscire con gli amici e magari tirare anche tardi; che troppe volte ho avuto l’energia di non rientrare a casa immediatamente con l’unico obbiettivo di mangiare le cose giuste e mettermi a dormire; che troppe volte un concerto o una serata particolare mi hanno tenuto lontano da un obbiettivo che da 4 anni a questa parte è per me fondamentale: fare un buon jiu-jitsu e dimostrarlo in gara.
Ma ciò che più mi ha aiutato a migliorare sotto il punto di vista di quello che per me è semplicemente il corretto “approccio mentale” di un agonista all’allenamento quotidiano, è stato proprio pormi ogni santo giorno quella fatidica domanda.
Possiamo mentire a tutti, ma non possiamo mentire a noi stessi. E ognuno di noi sa bene se, lottando con qualche compagno di allenamento, si è riposato quando non doveva, fregandosene del fatto che l’altro ne potesse giovare. Se, approfittando del divario tecnico con una cintura inferiore, ha aspettato pigramente l’errore dell’altro invece di “costruire” passo dopo passo il proprio ribaltamento, passaggio o finalizzazione. Se, insomma, non ha lottato minuto su minuto, centimetro su centimetro, pensando che tanto quello fosse solo un banale allenamento, non la gara, e che quindi fosse lecito mollare il colpo.
Dopo quattro anni di pratica e numerosi campionati, solo negli ultimi tempi ho capito che se si molla il colpo in allenamento lo si mollerà anche in gara. E oggi, proprio grazie a quella domanda ricorrente, a casa ci arrivo con appena la forza di girare le chiavi nella toppa, faccio le scale, raggiungo il letto, e mi addormento esausto ma soddisfatto. Consapevole che aver dato il 100% adesso sarà solo un punto a mio favore dopo, quando sconti non se ne faranno..

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